giovedì 26 gennaio 2012

Fabris: ora rifondiamo il marketing


Ecco il manifesto per rivedere le strategie dei marchi secondo il professore di sociologia dei consumi
Basta con i falsi miti, responsabilità sociale da ripensare

DI MARCO A. CAPISANI

Perde valore la fiducia dei consumatori nelle marche, così come succede nei confronti dei partiti politici; le aziende studiano le abitudini di acquisti, meno i comportamenti reali di consumo; il marketing esperienziale viene stravolto in mere spettacolarizzazioni e quello etico diventa spesso un boomerang. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui il marketing europeo, e italiano in particolare, va rivisitato. Rifondato.
Ecco perché Giampaolo Fabris, docente di sociologia dei consumi all’Università San Raffaele di Milano, dove insegna anche creazione e gestione della marca, ha affidato a un manifesto con dieci tesi l’onere di riorganizzare le strategie di marketing. Un decalogo che viene presentato oggi alla Fiera del libro di Torino ed è parte integrante del libro Societing. Il marketing nella società postmoderna, edito da Egea (498 pagine, 35 euro).
«Il marketing di oggi perde efficacia», anticipa a ItaliaOggi Fabris, «visti i sempre più numerosi lanci di nuovi prodotti che si rivelano flop. Le marche perdono consenso anche in paesi tradizionalmente consumeristici come gli Stati Uniti». La soluzione, sempre secondo il professore, è creare un modello
promozionale alternativo, abbandonando una visione anglossassone, concitata del mercato, a vantaggio di una strategia in cui «il marketing diventa a pieno titolo un operatore culturale e , di conseguenza, riconosce di doversi assumere alcune responsabilità sociali».
L’atteggiamento delle marche verso i consumatori, che sono poi individui reali o «consumattori» o ancora «consumautori», dev’essere quindi più rispettoso. Meno di controllo e più impostato in un’ottica di societing, «in cui il pubblico arriva a dare spunti utili alla produzione aziendale, anche su vasta scala». Un esempio? Quello di Ducati, che sul web ha messo persino il suo consiglio di amministrazione, durante le riunioni dedicate all’ideazione di nuovi prodotti.
Alla tribù di motociclisti del brand il compito d’inviare consigli e suggerimenti per mettere a punto i nuovi modelli. Una voce che Ducati ha voluto ascoltare, anche quando questa scelta presupponeva costi aggiuntivi per la realizzazione dei prototipi.
«L’offerta si deve adeguare realmente alle richieste della domanda», rilancia Fabris. «Basta allora con le pianificazioni di massa; meglio puntare invece sulle nicchie del mercato, che non solo è stato riconosciuto possono essere complessivamente più redditizie delle strategie indistinte di massa, ma anche e soprattutto permettono di ristabilire una sintonia con i diversi pubblici». Così aziende come H&M, Ikea o Muji hanno saputo cogliere le esigenze di consumatori con minor potere d’acquisto, coniugando per loro prezzi bassi e buona qualità. «Non si parla di politiche incentrare su prezzi stracciati», precisa il professore, «bensì di un concetto riformulato ad hoc di qualità».
Fiat ha saputo, poi, creare e ascoltare la comunità telematica dei fan della nuova 500, arrivando a riconoscerne il ruolo con un’edizione dello stesso modello d’auto, riservata solamente ai componenti di
quel gruppo virtuale.
«Dal dialogo biunivoco con la società deriva per le marche, però, l’assunzione di nuove responsabilità»,
afferma Fabris. «Da qui nasce infatti il marketing etico, un argomento che va oggi ripensato. Partendo fin dall’inizio della filiera produttiva, se non si vuole correre il rischio che diventi un boomerang». È successo, per esempio, ad alcune griffe italiane di moda a cui, nascoste dietro una facciata luccicante,
recenti inchieste giornalistiche hanno imputato politiche di sfruttamento del lavoro minorile. «Se la notizia fosse comparsa negli Usa», conclude l’autore del libro Societing, «le aziende coinvolte avrebbe, perlomeno, subito un tracollo in Borsa. Da noi, questo ancora non succede».

Le dieci frontiere del marketing

1 Transizione d’epoca
Si profi la sempre più un nuovo tipo di società all’insegna della complessità, dell’incertezza, del dubbio sistematico e del relativismo. Bisogna saperne cogliere la logica di sviluppo non più lineare, ma
discontinua e senza connessioni

2 La conoscenza come fattore di produzione
Nasce la co-opetition (cooperation + competition), nuova prassi in cui diventa marginale la cultura della fabbrica e, di contro, cresce il peso della società esterna

3 La società delle nuvole
Si va verso una società post-moderna dai contorni indefiniti, dalla dinamica imprevedibile

4 Nuova centralità del consumo
La fisicità delle merci va dissolvendosi nelle marche, in valori intangibili, di comunicazione

5 Dall’individualismo alla nuova socialità
L’individualismo non degrada, ma genera impreviste forme di socialità, di cui i social network o le nuove tribù sono solo due esempi. I consumatori si riuniscono riconoscendosi in pratiche comuni di
consumo

6 Dalla transazione alla relazione
Il consumatore instaura un rapporto realmente dialettico con la marca; mentre la distribuzione diventa una gigantesca macchina per comunicare, un luogo magnetico

7 Il consumatore partner e committente
Il grande pubblico può esprimere piccoli input progettuali, a vantaggio dell’impresa, per realizzare produzioni limitate, ma può anche e soprattutto offrire consigli per focalizzare la produzione indirizzata ai più

8 Il tramonto del marketing di massa
Il marketing è coevo a una società di stampo taylorista-fordista. È necessaria, quindi, una sua profonda rivisitazione, una rifondazione

9 La dimensione sociale del marketing
I consumatori non esistono; sono gli individui con cui le marche devono dialogare. Ecco perché quest’ultime non possono più disinteressarsi delle conseguenze sociali dei prodotti che mettono in circolazione

10 Dal marketing al societing
Le marche tenderanno a instaurare un rapporto rispettoso e simmetrico con la società. Non esistono, però, ricette miracolose per far evolvere il marketing
verso il societing

Giampaolo Fabris

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